Il modo in cui le storie si raccontano deve essere reinventato, cambiato, rivoluzionato?
Se lo chiede il Media Lab del Mit (Massachussets Institute of Technology) che ha creato il Center for Future Storytelling (sì, storytelling è un tema ricorrente, anche sul nostro blog).
Il Center for Future Storytelling dovrebbe capire come la tecnologia diffusa (la rete, i siti di social networking, i telefoni cellulari dell’ultima generazione, le connessioni senza fili, ma anche le fotocamere e videocamere ei videogiochi interattivi) possa cambiare il modo di ideare e raccontare le storie, soprattutto in quello che chiamiamo cinema o televisione, riducendo o annullando la distanza e la separazione fra creatore e fruitore. Capire la trasformazione e favorire l’uso delle tecnologie da parte di chi ha storie da raccontare, verso una potenziale democratizzazione delle opportunità di narrazione visiva
Capire come si trasformerà il modo di raccontare storie significa anche pensare a un futuro in cui le storie al cinema come le conoscianoi noi – con un inizio, una parte centrale e una fine (i tre atti delle sceneggiature tradizionali) – non ci saranno più? Se lo chiede il New York Times la cui interpretazione dell’iniziativa dei Media Lab del Mit sembra un po’ preoccupata. Ne parla anche La Repubblica.
Al Mit sottolineano parecchio come il lavoro del centro riguardi soprattutto il cinema e la comunicazione elettronica. Il direttore del Media Lab, Frank Moss, ha spiegato come la tecnologia abbia sempre determinato il modo in cui raccontiamo le storie: “dalla stampa a Internet”. Viene da aggiungere che se l’attenzione è per il cinema, forse è perché la tecnologia del libro non è facile da migliorare. Va benissimo così com’è. O no?
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